Gli americani di Sport Illustrated ne faranno una cover story, lo hanno annunciato. Tre fratelli di Pompei conquistano il mondo del remo, vincendo alla grande in meno di trenta minuti due fra le gare più classiche del canottaggio. Hollywood è affamata di soggetti sportivi: di storie come quella dei fratelli Abbagnale, che da soli, da un club di Castellammare di Stabia, hanno sconfitto il mondo. Giuseppe e Carmine (col timoniere Giuseppe Di Capua), già cinque volte campioni del mondo, hanno bissato Los Angeles nel due con; il pivello Agostino, assieme ai compagni di voga Gianluca Farina, Piero Poli e Davide Tizzano, li ha prepotentemente imitati nel quattro di coppia. Il made in Italy dello sport domenica mattina 25 settembre 1988 ha trovato nella classe e nella sofferenza degli Abbagnale qualcosa di più della semplice impresa olimpica: ha trovato ed esaltato l' immagine autentica dello spirito olimpico, dello sport per lo sport. Il controllo della forza Il dilettantismo resiste ancora: negli sport cosiddetti poveri: il remo, per la sua completezza, ne è il simbolo eccellente. Spiega il cardiologo Giuseppe La Mura, zio degli Abbagnale e loro allenatore, che il fascino del canottaggio sta nell' estremo controllo della mente sulla forza bruta . In quei giganti che seduti nelle loro barche affusolate sembrano tanti Polifemo che si muovono con la leggerezza delle farfalle. La forza, lo stile, la prodezza, la preparazione meticolosa e squassante sono l' anima di questo sport che in Italia è praticato appena da 1500 persone provenienti da 180 circoli. E' una disciplina dove le parole sponsor se non sconosciute, sono per lo meno estranee all' ambiente, dove i quattrini che circolano sono pochi, dove la federazione ha un bilancio di appena 6 miliardi e mezzo l' anno, dove chi vince una medaglia d' oro, come Carmine Abbagnale nel due con (assieme al fratello maggiore Giuseppe), deve rientrare immediatamente a casa perché, il primo ottobre, c' è da timbrare il cartellino in ufficio, e guai se si arriva in ritardo. Così è se vi pare, dalle parti del commissariato di Napoli per la ricostruzione, a piazza Carità. Le Olimpiadi non valgono una raccomandazione, in una città dove di raccomandazioni se ne sprecano a bizzeffe. Per vincere un' Olimpiade (la seconda) che onora tutta l' Italia, Carmine ha consumato ferie e permessi, e si è messo in aspettativa. Più fortunato di Carmine Io sono più fortunato di Carmine confessa Giuseppe, anzi, Peppe Abbagnale, il vecchio di famiglia coi suoi ventinove anni compiuti il 24 di luglio per anni ho avuto problemi di lavoro. Nel senso che non ne trovavo. Ora sto alla Banca Nazionale del Lavoro e lì sono comprensivi: cercano cioè di capire quali sono i miei problemi, di non penalizzarmi. Ci alleniamo sempre di mattina, molto presto, quando il mare è calmo. Carmine, per andare in ufficio, deve perdere almeno quaranta minuti di strada. Siamo costretti a vogare in mare, perché strutture non ne abbiamo dalle nostre parti per il canottaggio. Per fortuna che c' è nostro zio Giuseppe La Mura, è lui che ci ha plasmato, è lui il nostro animatore, l' allenatore, la persona che ci incita a continuare, che ci aiuta a sopportare le difficoltà, che ci istiga a migliorarci. Che ha scoperto altri talenti, e tutti dalle nostre parti. Il risultato è che abbiamo vinto a Los Angeles una medaglia d' oro e qui a Seul due. Non so però se sono disposto a continuare: sono fidanzato ma non posso sposarmi. E così non potrò continuare per l' eternità. Non è certo col canottaggio che mi mantengo. C' è mio fratello Agostino, il più piccolo, ha ventidue anni, è capovoga del quattro di coppia, saprà sostituirmi degnamente.... Ma gli occhi lo tradiscono: Peppe Abbagnale pensa già a Barcellona, alle Olimpiadi del 1992, e sarebbe leggenda. Gli Abbagnale non vengono mai meno ai grandi appuntamenti con lo sport continua a raccontare lo zio Giuseppe avevano di fronte il vuoto degli equipaggi italiani, quando hanno cominciato, hanno sfidato l' ignoto. Io ho potuto spiegar loro quello che avrebbero dovuto fare, come alimentarsi, come allenarsi, come arrivare in forma al momento giusto. Ma loro hanno saputo cogliere la misura giusta. Hanno aperto una breccia, hanno creduto che si potessero battere i mostri dell' Est, le loro organizzazioni di supporto, partendo da un piccolo paese, da un bacino non proprio ideale, il mare, da un allenatore fuori schema. Sono stati i primi a vogare anche d' inverno, perché glielo ho predicato. Ecco, voglio esser considerato l' aratro che traccia il solco: purtroppo, c' è ancora chi considera e guarda troppo al genetico. Noi stiamo a Castellammare di Stabia... insomma, gli Abbagnale hanno dimostrato che esiste del buon petrolio anche dove sembra non essercene. Solo, per estrarlo costa troppo. Beh, a Castellammare abbiamo sostenuto quel costo. Non c' è vittoria, anche la più bella, che non abbia il suo rovescio, che non sia intrisa di amarezza. O di polemiche. Quella di La Mura è antica come la prima delle vittorie dei fratelli di Pompei: I nostri metodi sono vincenti fa capire e vorrebbe che fossero i metodi federali. La federazione invece punta moltissimo sul tecnico norvegese Thor Nilsen, che viene considerato il taumaturgo, il mago, lo stregone del canottaggio italiano. Più che una polemica, quello di Giuseppe La Mura, è dissenso: da noi è considerato un gran tecnico, come lo è d' altra parte Nilsen puntualizza il torinese Gianantonio Romanini, 60 anni, presidente della federazione italiana canottaggio, gran maestro del compromesso La Mura ha avuto a disposizione un materiale umano che non ha confronti, e lo ha saputo gestire perfettamente. Questo gli è riconosciuto. Il ruolo di Nilsen Ma Nilsen, che lavora con noi dal 1981, che paghiamo 140 milioni l' anno, al quale noi rinnoveremo il contratto quadriennale, è un grande organizzatore. Sua è stata l' idea di gestire un centro nazionale di avviamento al canottaggio, a Piediluco, in Umbria, un laghetto immerso nel verde sopra Terni: frequentato ogni anno da 200 giovani che i vari club, le varie società segnalano alla federazione. Una base con tanto di centro studi, di laboratorio analisi, di piscina e hangar: una spesa di 700 milioni l' anno. I risultati si son visti: nel giro di pochi anni l' Italia remiera è risorta, e la scuola di Nilsen è diventata un punto di riferimento anche per giovani aspiranti campioni stranieri. Gli Abbagnale hanno sacrosanta ragione, siamo noi che manchiamo nei loro confronti. Troppo tempo hanno dovuto penare per avere un impiego, un posto di lavoro che gli garantisse il futuro. Perché lo sport italiano con questi straordinari campioni è avaro: vincono l' oro e gli diamo una borsa di studio, nemmeno 28 milioni lordi. Che ci fanno? Il due con che Carmine e Giuseppe adoperano costa sedici milioni, lo fabbrica una ditta tedesca, l' Empaker.... Se è difficile mettere in piedi un due con, figuriamoci un equipaggio di quattro, cinque od otto persone. Dopo i test remoergometri, è stato selezionato Agostino Abbagnale, vera forza della natura, e gli si sono affiancati il ventottenne medico ortopedico Piero Poli della gloriosa Moto Guzzi di Mandello del Lario (un marcantonio alto un metro e 88 per 86 chili), l' artigiano cremonese Gianluca Farina (identiche dimensioni, classe 1962), e il napoletano Davide Tizzano della Canottieri Napoli, al quale va il merito di essere l' unico campione olimpico che ha smarrito la medaglia d' oro, durante una generale caduta in acqua. Per fortuna ieri l' organizzazione ha ritrovato il prezioso trofeo.