lunedì, maggio 31, 2010
Tempo effettivo nel calcio: la mia proposta su Stone Island Football Blog
lunedì, maggio 31, 2010
Simone Salvador
Con grande piacere e un pizzico d'orgoglio comunico che la mia proposta di introduzione del tempo effettivo nel calcio è stata ripresa e riproposta su Stone Island Football Blog. Avevo scritto un paio di settimane fa un post con alcune proposte di riforma per migliorare il calcio mondiale (e italiano): (clicca qui). L'idea di introdurre il tempo effettivo nel calcio, sostenuta anche da Rino Tommasi, è senza dubbio la più pregnante, quella che porterebbe i maggiori benefici in termini di uniformità (partite che durerebbero tutte allo stesso modo) e sportività (si limiterebbero sensibilmente le "perdite di tempo" che si verificano costantemente su tutti i campi).
L'articolo su Stone Island Football Blog, con la spiegazione nel dettaglio della proposta, è consultabile al seguente indirizzo:
Libri & Sport: "Da Kinshasa a Las Vegas via Wimbledon" di Rino Tommasi
lunedì, maggio 31, 2010
Simone Salvador
"Ho avuto la fortuna e l'opportunità di attraversare, con ruoli diversi, il mondo dello sport e di raccogliere esperienze che mi sembrano sufficientemente interessanti da raccontare e - mi auguro - da leggere. Se volessi riassumere i miei 75 anni, potrei indicare come tappe fondamentali: (...) il tennis che non è mai stato l'occupazione e la preoccupazione principale ma c'è sempre stato, come divertimento prima di diventare oggetto di lavoro; il pugilato, incontrato per caso ma studiato con impegno, motivo di grandi soddisfazioni, di cocenti amarezze ma anche di impagabili esperienze; il giornalismo, raggiunto un po' in ritardo ma inseguito sempre come obiettivo principale e come vocazione compiuta; infine la televisione, anche questa trovata tardi, per caso, alla quale ho dato molto non sempre ricevendo in proporzione. Naturalmente al centro di tutto questo c'è sempre stato lo sport, come oggetto di divertimento, di studio, di lavoro. Ho sempre pensato che lo sport insegna ad affrontare due situazioni importanti e con le quali qusi tutti dobbiamo confrontarci, insegna a vincere e insegna a perdere, in altre parole insegna a vivere. E io sono contento della mia vita".
E' questa la premessa dell'ultimo libro scritto da Rino Tommasi, "Da Kinshasa a Las Vegas via Wimbledon - forse ho visto troppo sport". In 302 appassionanti pagine Rino Tommasi ripercorre tutta la sua vita, incentrata quasi interamente sullo sport inteso in tutte le sue rappresentazioni. Non tutti sanno che Rino è figlio di Virgilio Tommasi, primatista italiano di salto in lungo dal 1923 al 1936 e olimpionico azzurro ai Giochi di Parigi '24 e Amsterdam '28. Nato a Verona nel 1934, laureato in Scienze politiche con una tesi sull'organizzazione internazionale dello sport, Rino ha giocato a tennis, laureandosi campione italiano universitario per quattro anni ("il che dimostra il bassissimo livello culturale dei tennisti italiani") e conquistando due medaglie di bronzo alle Universiadi. Negli anni '60 e '70 è diventato l'organizzatore pugilistico più importante in Italia, tra i primissimi al mondo. Ha inizato la carriera giornalistica con l'agenzia Sportinformazioni, scrivendo poi per Tuttosport, Gazzetta, Gazzettino e Il Tempo di Roma (collabora ancora oggi con queste ultime tre testate). E' stato uno dei primi telecronisti sportivi di una Tv privata (Canale 5), commentando tennis, pugilato e Football americano. E' passato poi a Tele+2, dove ha fatto crescere alcuni importanti telecronisti (Marianella, Compagnoni, Caressa) e ha creato una delle trasmissioni più apprezzate degli anni '90, Fair Play, risposta al biscardismo dilagante. Da giornalista ha seguito 12 edizioni delle Olimpiadi, per la Tv ha commentato più di 400 incontri valevoli per un titolo mondiale di pugilato, 7 Super Bowl e 135 tornei del Grande Slam.
Ecco, per poter descrivere il libro di Rino Tommasi è necessario ripercorrere tutta la sua inarrivabile carriera. Il libro si divide in tre grandi capitoli: boxe, tennis e calcio, i tre sport che ha potuto seguire con maggior attenzione. Per i primi due ha anche stilato la classifica dei 10 incontri più belli della storia. Oltre a questi tre capitoli ve ne sono altri molto gustosi dedicati alle Olimpiadi, al giornalismo, alla televisione, agli Usa e ai libri. Una lunga e piacevole serie di ricordi, racconti, retroscena, aneddoti, il tutto condito da qualche immancabile statistica ("un cervello essenzialmente matematico però capace di digressioni epico-fantastiche quali consente uno sport come il pugilato. Io lo chiamo professore, senza la minima ombra di esagerazione scherzosa" diceva di lui Gianni Brera) e da opinioni chiare e sicure su tantissimi temi: dal sistema sportivo americano, ai format e ai cambiamenti regolamentari del calcio, al suo quotidiano sportivo ideale, ecc.
Per un appassionato di Sport (inteso nella medesima accezione di questo blog, vale a dire non come sinonimo di calcio) un libro imperdibile. Lo sport visto e vissuto a 360°, raccontato da uno degli ultimi maestri del giornalismo sportivo italiano.
Rino Tommasi
DA KINSHASA A LAS VEGAS VIA WIMBLEDON - Forse ho visto troppo sport
Limina (2009) - 302 pagine - € 19,90
domenica, maggio 30, 2010
Giro d'Italia 2010: il trionfo di Basso e della Liquigas e il bilancio finale
domenica, maggio 30, 2010
Simone Salvador
Chiarisco subito un punto. Alla fine, è stato proprio un gran bel Giro. Mi preme rimarcare questo aspetto perchè un lettore - andando a ripescare quel post dieci giorni dopo - ha criticato il mio articolo scritto al termine della tappa de L'Aquila (vedi). In quell'articolo espressi tutto il mio disappunto per un Giro che a poco più di una settimana dalla fine era in mano a molti onesti pedalatori, che in condizioni normali, tuttavia, non avrebbero mai potuto vincere una grande corsa a tappe. Un Giro fin lì dominato dal caos e senza nessuna squadra in grado di prendere in mano la corsa (nè per le volate, nè per la classifica finale). In chiusura di quel post, comunque, scrissi che i big avrebbero potuto recuperare il pesante svantaggio in classifica, a patto di interpretare alla grande gli ultimi 8 giorni di corsa, disegnati molto bene da Angelo Zomegnan e da Rcs (cosa che scrissi già il giorno dopo la presentazione del Giro). Ecco, riallanciandomi a quel post, posso dire questo: ci sono stati due Giri d'Italia in uno. Quello fino alla tappa de L'Aquila, lo ribadisco, tecnicamente rivedibile, senza nessuna squadra di velocisti in grado di tenere in mano la corsa e addirittura con una fuga-bidone andata in porto che avrebbe potuto determinare/falsare - e per poco non lo ha fatto - la classifica finale. Qualcuno può obiettare correttamente che tutto ciò ha reso più appassionante e avvincente la corsa. Può essere, ma se solo Arroyo fosse riuscito a rientrare su Basso-Scarponi-Nibali nella discesa del Mortirolo avrebbe vinto il Giro d'Italia. Da quello che si è visto, il pur bravo Arroyo, in condizioni normali, avrebbe potuto lottare al massimo per un posto nei 10. Nello sport è giusto che vinca il più forte, Arroyo non lo era affatto e quella prima parte di Giro lo stava per premiare. Il secondo Giro nel Giro, invece, è iniziato ad Asolo ed è stato splendido, emozionante, vissuto con grandiosa intensità dagli atleti e dalle centinaia di migliaia di persone rversate sulle strade (Zoncolan in primis). Monte Grappa, tappa dello Zoncolan, cronoscalata di Plan de Corones, tappa del Mortirolo, tappone del Gavia. Tutto il fascino del Giro concentrato nel finale. Il riscatto dei big è prontamente arrivato. Lo stesso identico discorso fatto fin qui vale per gli italiani. Fino alla tappa de L'Aquila il bilancio era clamorosamente deficitario (zero vittorie di tappa). Dall'Aquila in poi sono arrivati molti successi e Basso ha vinto il Giro.
Chiarito doverosamente questo punto fondamentale, ecco alcune considerazioni finali sul Giro d'Italia 2010:
1- Basso giusto trionfatore, un campione credibile. Ivan Basso ha vinto con pieno merito il Giro d'Italia 2010. Ha dimostrato di essere il corridore più forte in salita e sulla distanza. L'atleta che è andato in crescendo di forma, a differenza di molti altri che probabilmente hanno pagato fatiche e vittorie di inizio anno (Vinokourov e Evans). La tappa dello Zoncolan come simbolo della rinascita di Basso. Sulle pendenze della salita friulana il varesino ha fatto la differenza, dimostrando a tutti, probabilmente anche a sè stesso, di essere tornato su grandi livelli. Come scritto in precedenza, personalmente considero questo il primo vero Giro d'Italia conquistato da Basso. Quello del 2006 resterà nell'Albo d'oro, ma sarebbe da ipocriti considerarlo "pulito", "al di sopra di ogni sospetto", visto lo stop subito venti giorni dopo quella corsa e la relativa squalifica di due anni con l'ammissione di colpa. Come fatto giustamente notare da Eugenio Capadacqua su Repubblica, Basso è sembrato un campione dal volto umano, soprattutto un campione credibile, autore di prestazioni stupende ma "fattibili". Basso si è allenato con feroce determinazione in questi anni (uscite anche di 9 ore) e ha voluto rendere tutto trasparente, pubblicando tutti i suoi valori ematici e i dati degli allenamenti sul suol sito internet. Il ciclismo italiano aveva bisogno di un campione così. Ora sotto con il Tour. Sarà durissima perchè la concorrenza in Francia è più forte e agguerrita, ma un Basso così può far ben sperare i tifosi italiani.
2- Ottimo Nibali, brava Liquigas. Vincenzo Nibali non doveva prendere parte a questo Giro. Richiamato all'ultimo per lo stop a Pellizotti ha dimostrato la sua classe (a soli 25 anni non si arriva settimi al Tour de France per caso), chiudendo al terzo posto e vincendo la splendida tappa di Asolo. Ha dimostrato di essere la nostra speranza più grande per le corse a tappe dei prossimi anni. Probabilmente ora non parteciperà al Tour. Forte in salita, bravo a cronometro, fortissimo in discesa. E' un corridore completo, a cui manca forse un briciolo di esperienza e di fondo per essere al top mondiale (livello Contador, Schleck). La Liquigas-Doimo ha dimostrato di essera la squadra più forte al Giro d'Italia 2010. Ha vinto a sorpresa la crono-squadre e nell'ultima settimana non ha sbagliato una mossa, portando Basso la trionfo, Nibali al terzo posto e vincendo la classifica per squadre. Szmyd monumentale, ottimi Agnoli e Kiserlovski. In realtà bravi tutti. Si può rimproverare la gestione della tappa de L'Aquila in cui si è rischiato di buttare tutto alle ortiche. Non solo per colpa della Liquigas, ovvio, ma i verdi erano la squadra faro della corsa e potevano prendere in mano la situazione.

4- Gli altri italiani. Fino a L'Aquila un disastro. Dall'Abruzzo in su un trionfo, con diverse vittorie di tappa, tutte molto belle. Ha iniziato Pippo Pozzato (finalmente!) a Recanati, ha proseguito Belletti, poi Nibali, Basso, Garzelli, Scarponi e Pinotti secondo di un soffio a Verona. Un Giro in crescendo nonostante il difficile ricambio generazionale tra i velocisti (Petacchi condizionato dalla bronchite, ma comunque in parabola discendente, Modolo e Sabatini non ancora in grado di lottare coi primissimi al mondo). Molto bene Michele Scarponi, quarto soprattutto a causa del ditacco accumulato nella cronosquadre, capace di lottare per il podio fino all'ultimo metro e stupendo vincitore della tappa del Mortirolo. Un plauso a Stefano Garzelli che a 37 anni è riuscito ad imporsi nella tappa probabilmente più spettacolare, la cronoscalata di Plan de Corones. Infine una menzione a Gilberto Simoni che proprio oggi chiude una straordinaria carriera, fatta di due vittorie finali al Giro e sette podi (solo Felice Gimondi meglio di lui), vittorie di tappa al Tour e alla Vuelta (sull'Angliru). Gibo ha voluto chiudere con il Giro la sua carriera, sfiorando la conquista della Cima Coppi. Non so se abbia fatto bene a prolungare così tanto la sua attività, resterà comunque un campione che ha scritto pagine bellissime (e avrebbe potuto scriverne altre se fortuna e circostanze lo avessero assistito: vedi Giro 2004 e Mondiale di Lisbona con l'inseguimento del compagno di squadra Lanfranchi...).
5- Giro più umano, ma... è giusto sottolineare come l'impressione di molti, anche la mia, sia stata quella di un Giro corso in modo più umano, con medie fattibili, corridori stanchi, fatica e con i vari record stabili in passato rimasti Amolto distanti. Potrebbe essere un segnale di un ciclismo più pulito. Dico potrebbe perchè mentre scrivo queste cose mi tornano in mente le parole di Candido Cannavò (ribadisco, non il mio giornalista preferito, ma comunque un maestro), grande amante del ciclismo. Cannavò, nel descrivere ed elogiare le imprese compiute da Riccardo Riccò, scriveva "Mi sono bruciato le mani troppe volte in passato...". Penso sia un criterio di giusta prudenza che debba essere applicato ancora adesso. Non possiamo dire che il ciclismo visto al Giro sia pulito o comunque uscito da tutti i suoi guai fino a quando non ne avremo l'assoluta certezza. Per ora si può dire che questo ciclismo, quello visto al Giro 2010, sembrerebbe un ciclismo più a dimensione d'uomo, un ciclismo "sostenibile". Prima, però, meglio aspettare. La piaga doping è difficile da eliminare definitivamente, forse però si sta andando nella giusta direzione. Le persone che hanno invaso le strade e hanno seguito il Giro in Tv (ascolti record nei tapponi per la Rai) hanno ridato fiducia a questo sport. Ora bisogna ripagarla.
Ps, un plauso alla Rai per come ha seguito il Giro d'Italia 2010. Lo avevo scritto già in un post di presentazione (vedi). L'impegno di Viale Mazzini è stato notevole, così come il dispiego di mezzi e la qualità delle trasmissioni. In ordine sparso i vari Mura, Conti, Pasqualin, Sgarbozza, Bartoletti, Cassani, Pancani (molti rimpiangono Bulbarelli, ma il giornalista toscano ha fatto bene), Martinello e tutti i vari giornalisti impegnati hanno formato una grande squadra. Probabilmente il Giro d'Italia 2010 è stato il migliore mai trasmesso per quantità e qualità dalla Rai. Complimenti.
Italia campione del mondo: il Mondiale del 1934. (Matteo Bodei)
domenica, maggio 30, 2010
Simone Salvador
Pubblico ora il primo di tre articoli a firma Matteo Bodei riguardanti le vittorie italiane ai Mondiali di calcio. Il primo appuntamento è con il Mondiale del 1934, diisputato nell'Italia fascista e vinto non senza polemiche arbitrali dagli azzurri di Vittorio Pozzo. Prima dell'inizio di Sudafrica 2010 le altre due puntate (1938 e 1982, mentre per il 2006 il ricordo è ancora troppo vivo per essere raccontato in un post). Ringrazio Matteo Bodei, come sempre documentato e bravissimo nell'intrecciare la parte sportiva e quella storico-politica.
La seconda edizione dei Mondiali di calcio, la manifestazione voluta e creata dal francese Jules Rimet, presidente della Fifa dal 1921 al 1955, verrà ricordata ai posteri per almeno tre motivi: fu la prima edizione svoltasi in Europa (dopo Uruguay 1930), fu la prima vittoria di una formazione europea e fu il trionfo assoluto del fascismo.
Benito Mussolini infatti aveva voluto fortemente ottenere un evento di risonanza planetaria come il Mondiale di calcio e l’ aveva fatto esclusivamente per due ragioni: dimostrare al resto del mondo la forza e la potenza organizzativa di una nazione come l’ Italia e aggregare le masse sotto un’ unica bandiera, ritenendo il football un utile strumento per favorire l’ unità nazionale.
Alla fase finale, svoltasi dal 27 maggio al 10 giugno, parteciparono 16 nazioni. 12 europee (Italia, Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Germania, Olanda, Spagna, Romania, Svizzera, Svezia e Ungheria), 3 americane (Usa, Argentina e Brasile, l’ Uruguay campione in carica si rifiutò di partecipare per protesta) e una africana (l’ Egitto). Le otto città prescelte per ospitare le gare furono: Roma, Torino, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Milano e Trieste)
Il cammino degli azzurri, all’ inizio sfavillanti con il 7 a 1 rifilato ai malcapitati Usa (3 reti del bolognese Schiavio), però non fu così facile e venne accompagnato da un feroce alone di polemiche sugli arbitraggi favorevoli.
La squadra di Vittorio Pozzo comunque era una formazione composta da autentici fuoriclasse (come dimostreranno in seguito la vittoria alle Olimpiadi del ’36 e ai mondiali del ’38) in cui spiccava il blocco juventino (Combi, Monti, Bertolini, Orsi, Borel e Giovanni Ferrari), che aveva dominato il campionato nazionale per ben 5 anni consecutivi (record tuttora imbattuto e solo eguagliato dall’ Inter post calciopoli), e dove trovavano posto campioni del calibro del “biondino di Borgo Pio” cioè il mediano romano Attillio Ferraris, del “Balilla” Giuseppe Meazza, leggenda dell’ Inter a cui è stato addirittura intitolato lo stadio della cittadina lombarda, e del bolognese Angelo Schiavio (capocannoniere degli azzurri con quattro reti).
Dopo il facile successo sui malcapitati Stati Uniti, ben più arduo fu eliminare la Spagna nei quarti di finale. Gli iberici, che avevano sconfitto nel turno precedente il Brasile del grande Leonidas, il giocatore che aveva inventato il gesto tecnico della “bicicleta”, potevano vantarsi di schierare tra i pali uno dei portieri più famosi di tutti i tempi, quel Ricardo Zamora che nel 1929, in occasione di una partita tra le Furie Rosse e i maestri inglesi, giocò e contribuì indiscutibilmente alla vittoria, nonostante si fosse rotto lo sterno dopo pochi minuti. Il derby del Mediterraneo terminò sull’ 1 a 1 con gol del madridista Regueiro e pareggio irregolare (per un evidente carica su Zamora) del sabaudo Giovanni Ferrari (il giocatore con il record di scudetti vinti in carriera: 5 con la Juve, 2 con l’ Ambrosiana Inter e 1 col Bologna). Siccome non vigeva ancora la regola dei rigori l’ incontro si dovette ripetere e nel replay, giocato allo stadio comunale di Firenze, fu un gol di “Pepin” Meazza a regalare ai padroni di casa il pass per le semifinali.
Nel penultimo atto della manifestazione disputatosi a San Siro contro l’ Austria, e condito da aspre polemiche sull’ arbitraggio del fischietto svizzero Mercet da parte dell’ allenatore asburgico, fu un gol (irregolare) dell’ oriundo Enrique Guaita (che nel 1936 fuggi, dopo un viaggio-odissea, in Argentina per evitare una sua eventuale partecipazione alla Guerra di Eritrea) a portare gli azzurri alla tanto agognata finalissima contro la temibile Cecoslovacchia della Scarpa d’ Oro Oldrich Nejedly.
Nell’ atto conclusivo ,disputatosi allo stadio del Partito Nazionale Fascista di Roma davanti a cinquanta mila spettatori e alle più alte autorità del mondo politico italiano, la formazione del torinese Vittorio Pozzo faticò tremendamente per avere ragione della temibile squadra dell’ est. Furono infatti i cecoslovacchi a passare in vantaggio per primi con un gol del giocatore dello Sparta Praga Antonin Puc e solo a nove minuti dal termine Raimundo Bibian Orsi (l’ oriundo con più presenze e reti con la maglia azzurra) detto “Mumo” regalò un pareggio ormai inaspettato. Nei tempi supplementari poi ci pensò Schiavio (alla sua ultima presenza con la Nazionale) che realizzò il gol che valse uno storico trionfo. Il primo di una lunga serie che speriamo non si interrompa a Sudafrica 2010.
Matteo Bodei
sabato, maggio 29, 2010
Euro 2016 alla Francia: per l'Italia una sconfitta annunciata
sabato, maggio 29, 2010
Simone Salvador
Hai voglia a dire: "E' colpa di Platini". La classica scusa di complotto, di scarso peso politico dell'Italia ogniqualvolta le cose vanno male, questa volta non si regge nemmeno in piedi. Euro 2016 si disputerà in Francia. L'Uefa doveva decidere tra le tre candidature di Italia, Francia e Turchia. Ha vinto la Francia, 7 a 6 sui turchi. Italia bocciata, peggio, umiliata. Nella prima votazione, quella che serviva a portare al ballottaggio finale, il progetto italiano ha ottenuto un solo voto, dal rappresentante di Malta. Un voto su 13. Su questo blog e su Stone Island Football Blog ho trattato in modo molto approfondito l'argomento Euro 2016, presentando il dossier italiano e i progetti degli stadi (vedi speciale Euro 2016). Da mesi si andava dicendo che il progetto italiano era debole perchè mancava la legge sugli stadi, ancora ferma in commissione dallo scorso autunno. Non è stata colpa (almeno non solo) della nostra classe politica. La legge è stata bloccata perchè attorno ad essa c'erano fondati timori di una enorme speculazione edilizia. Oltre a questo hanno pesato le solite difficoltà organizzative, la scarsa capacità di fare sistema del nostro calcio. Il tutto nonostante gli sforzi e il lavoro del project manager Michele Uva. E' sciramente vero, comunque, che la candidatura italiana è stata scarsamente appoggiata dal nostro governo (ieri a rappresentarci a Nyon c'era il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega allo sport Rocco Crimi, Francia e Turchia schieravano Sarkozy ed Erdogan...). Oggi Beccantini sulla Stampa tratteggia da par suo la situazione del calcio italiano (vedi), anche alla luce di questa sonora batosta. Condivido ogni virgola del suo intervento e alcuni passaggi li riprendo perchè rispecchiano perfettamente il mio pensiero: "Era una sconfitta annunciata. Abbiamo stadi "fatiscenti"(Adriano Galliani) e la legge relativa arranca chissà dove. Solo la Juventus sta costruendo il suo (vedi). Con tutto il rispetto le priorità erano - e rimangono - altre: la lotta al teppismo e al razzismo, la chiarezza su Calciopoli 2, la costruzione di una cultura meno tribale. Francia e Turchia non sono paradisi terrestri. Incarnavano, semplicemente, candidature più credibili. Non sarebbe nemmeno corretto rifugiarsi nell'alibi dello scarso peso politico: siamo campioni del mondo con la nazionale e d'Europa con l'Inter. Il problema è che siamo soprattutto italiani (...) ci incavoliamo se Abete non telefona a Platini per Ovrebo (telefonò), salvo far finta di niente per tutti gli Ovrebo a nostro favore". Beccantini conclude dicendo come da noi non manchino giocatori e allenatori. Manchino invece i dirigenti. Sacrosante verità. Euro 2016 era una grande opportunità per tutto il movimento italiano, meglio, per l'Italia intera. Ci sarebbero stati molti nuovi posti di lavoro e avremmo potuto dimostrare di aver capito gli errori commessi a Italia '90.. Un'occasione persa, l'ennesima dopo Euro 2012. Come dice Beccantini, però, questa bocciatura può essere salutare. Il nostro calcio deve risolvere prima problemi più gravi e urgenti: violenza e "calcio in mano agli ultrà" (Capello dixit), Calciopoli 2 (checchè ne dica Moratti) e cultura sportiva ai minimi termini (probabilmente il più difficile). Più difficile che organizzare un Europeo.
venerdì, maggio 28, 2010
Giro d'Italia 2010: nella tappa del Mortirolo Basso ipoteca il successo
venerdì, maggio 28, 2010
Simone Salvador
Nella tappa del Mortirolo Ivan Basso ha messo una serie ipoteca sul successo finale del Giro d'Italia 2010. La Liquigas Doimo ha dimostrato ancora una volta di essere la squadra più forte di questo Giro (anche se a dire il vero le altre si sono rivelate - per vari motivi - ben poca cosa) scandendo il ritmo nella prima parte, prendendo di petto il Santa Cristina e il Mortirolo e lanciando i due capitani Basso e Nibali. Solo un ottimo Michele Scarponi (Androni Giocattoli) ha saputo tenere il ritmo imposto sulle clamorose pendenze del Mortirolo dal duo in maglia verde, ottenendo un meritato successo di tappa: Gianni Savio può essere soddisfatto, anche se conoscendo la grinta del team manager piemontese, ora punterà al terzo posto finale del corridore marchigiano. In cima al Mortirolo il trio Basso-Nibali-Scarponi era riuscito a guadagnare un bel vantaggio su tutto il resto della compagnia. Solo Vinokourov sembrava poter rientrare in discesa, mentre la maglia rosa Arroyo si difendeva comunque bene (circa due minuti in cima). Male Evans, in linea con il suo modesto Giro Sastre, molto bravo il giovane francese Gadret (AG2r La Mondiale). In realtà la discesa bagnata del Mortirolo scompaginava tutti i piani con Nibali costretto ad aspettare Basso (la discesa è il vero punto debole del varesino) e Arroyo in grado di recuperare oltre un minuto in pochi km, fino ai soli 40" di distacco dei meno 20 al traguardo. Si formava un gruppetto con Vino-Evans-Arroyo-Sastre e Gadret all'inseguimento dei tre battistrada. Il finale era tutto in leggera ma costante salita verso l'Aprica (solo un tratto più duro ai meno 15) e questa ascesa ache nulla ha a che fare col Mortirolo, paradossalmente, creava molta più selezione, con i tre davanti in grado di guadagnare secondi su secondi e finire con oltre tre minuti di vantaggio sui cinque insguitori. Davvero una dimostrazione di forza straordinaria da parte del terzetto. Come prevedibile Scarponi si aggiudicava la vittoria di tappa davanti a Basso e Nibali. Alla fine Basso maglia rosa con 50 secondi su Arroyo (davvero encomiabile lo spagnolo) e 2'30 su Nibali. Scarponi si avvicina al podio, mentre Evans crolla a 4'.
Il Giro a questo punto si può praticamente considerare chiuso, con Ivan Basso che ha dimostrato di essere l'atleta più forte in salita e che al 99% vincerà il suo secondo Giro d'Italia. Meglio, come ho avuto già modo di sottolineare - opinione comune anche di addetti ai lavori più importanti di me - questo sarà in realtà il primo vero Giro d'Italia conquistato da Basso. Su quello del 2006, infatti, ci sono troppe ombre, troppi sospetti avvalorati dalla successiva squalifica per doping, che non consentono di ritenere limpida quella vittoria come quella di quest'anno (per chi non lo ricordasse, un mese dopo la fine del Giro 2006 Basso fu fermato alla vigilia del Tour per il coinvolgimento nell'Operacion Puerto, situazione che risaliva a prima del Giro e che portò alla squalifica di due anni del varesino). Ora Basso può coronare questo splendido Giro, in cui ha saputo rimontare lo svantaggio accumulato dopo la farsa della tappa all'Aquila, disputando una tappa memorabile sullo Zoncolan e facendo la selezione sul Mortirolo (dove peraltro è sembrato salire con margine). Un plauso va anche a Vincenzo Nibali, che non doveva fare il Giro, era in vacanza ed è stato richiamato all'ultimo dopo lo stop inflitto a Pellizotti. Nibali, già protagonista allo scorso Tour, è la grande speranza del ciclismo italiano per il futuro. Per Basso, dopo la vittoria dello Scudetto (Giro) ci sarà l'esame Champions League (Tour de France), contro i campioni assoluti delle corse a tappe (Contador, Schleck, Armstrong). Ci sarà anche Nibali, la cui stagione era incentrata proprio sulla Grand Boucle. Inutile dire che sarà un Tour de France 2010 straordinario.
giovedì, maggio 27, 2010
Mondiali-Sudafrica 2010 sulla Rai (Raisport): palinsesto, programmi ed elenco 25 partite in diretta
giovedì, maggio 27, 2010
Simone Salvador

TRASMISSIONI E PROGRAMMI MONDIALI - SUDAFRICA 2010 IN TV: la giornata tipo che Rai Sport propone in vista del Mondiale di Sudafrica 2010 è la seguente:
- DRIBBLING MONDIALE - ore 14.00 Rai 2: conduce Franco Lauro
- MONDIALE SPRINT - ore 17.15 Rai 1: conduce Marco Mazzocchi
- MONDIALE SERA - ore 19.00 Rai 2: conduce Marco Mazzocchi
- NOTTI MONDIALI - ore 23.00 Rai 1: da Roma (piazza di Siena) conduce Paola Ferrari,ospiti fissi Giampiero Galeazzi e Maurizio Costanzo; da Città del Capo Jacopo Volpi, Simona Rolandi con ospite fisso Teo Teocoli.
In queste ore il direttore di Rai Sport Eugenio De Paoli sta tentando di chiudere con alcuni opinionisti, ingaggiati appositamente per il Mondiale. Non c'è un grande budget a disposizione e gli opinionisti schierati da Sky ed Eurosport (che non ha i diritti, ma avrà a disposizione importanti talent, come Arsene Wenger, Elber ed Enzo Francescoli nelle rubriche dedicate alla Coppa del Mondo) creano qualche grattacapo in casa Rai. Sfumati Batistuta (ingaggiato da Al Jazeera per 400.000 dollari) e Cassano (si sposa), si dovrebbe puntare su Giovanni Trapattoni.
ELENCO DELLE 25 PARTITE TRASMESSE DALLA RAI A SUDAFRICA 2010: ciò che interessa maggiormente gli appassionati che non hanno l'abbonamento a Sky, è sapere quali saranno le 25 partite trasmesse in diretta dalla Rai, considerando che per le altre 39 ci sarà la possibilità solamente di trasmettere delle sintesi (da 30') e highlights. Ovviamente saranno trasmessi in diretta tutti gli incontri dell'Italia, mentre per quanto riguarda la fase ad eliminazione diretta, la Rai avrà la possibilità di scegliere gli incontri che reputerà più interessanti dal punto di vista sportivo (e di palinsesto). Ecco l'elenco dei 25 incontri trasmessi live da Rai Sport:
- 11 giugno: SUDAFRICA-MESSICO (ore 16.00)
- 12 giugno: INGHILTERRA-USA (ore 20.30)
- 13 giugno: AUSTRALIA-GERMANIA (ore 20.30)
- 14 giugno: ITALIA-PARAGUAY (ore 20.30)
- 15 giugno: BRASILE-COREA DEL NORD (ore 20.30)
- 16 giugno: SUDAFRICA-URUGUAY (ore 20.30)
- 17 giugno: FRANCIA-MESSICO (ore 20.30)
- 18 giugno: INGHILTERRA-ALGERIA (ore 20.30)
- 19 giugno: CAMERUN-DANIMARCA (ore 20.30)
- 20 giugno: ITALIA-NUOVA ZELANDA (ore 16.00)
- 21 giugno: SPAGNA-HONDURAS (ore 20.30)
- 22 giugno: GRECIA-ARGENTINA (ore 20.30)
- 23 giugno: GERMANIA-GHANA (ore 20.30)
- 24 giugno: SLOVACCHIA-ITALIA (ore 16.00)
- 25 giugno: CILE-SPAGNA (ore 20.30)
- OTTAVI DI FINALE: 4 partite
- QUARTI DI FINALE: 2 partite
- SEMIFINALI
- FINALE 3°/4° posto
- FINALE
Per quanto riguarda il discorso delle partite trasmesse in HD (alta definizione), molto reclamizzato da Viale Mazzini, va ricordato che tale standard di visione sarà a disposizione solamente di chi possiede una Tv HD ready o Full HD e unicamente nelle Regioni e province all-digital (Lombardia e Piemonte orientale compresi) in cui cioè i canali Rai sono trasmessi in digitale terrestre e non più in analogico. Il canale Rai HD che trasmetterà i match di Sudafrica 2010 in alta definizione sarà il 501.

PROGRAMMI RADIO RAI SUDAFRICA 2010: su Rai Radio 1 ci sarà grande spazio per il Mondiale sudafricano, con le radiocronache di tutte le partite (Tutto il calcio minuto per minuto) e diverse rubriche quotidiane dedicate agli azzurri e a tutte le notizie e curiosità della rassegna iridata. Di alto profilo la squadra che Radio Rai schiererà durante i Mondiali. Ad alternarsi ai microfoni, infatti, ci saranno Massimo De Luca (a proposito, molto probabilmente non sarà più lui a condurre la Domenica Sportiva nella prossima stagione, si parla dell'onnipresente Paola Ferrari; opinione personale: una scelta cervellotica e francamente illogica), Paolo Casarin, Marco Tardelli e il duo Diego Abatantuono, Piero Chiambretti. Visti gli ottimi ascolti fatti registrare dalla trasmissione Ventura Football Club, Simona Ventura condurrà "Avventura Mondiale", una striscia quotidiana di 40'. Per i numerosi appassionati (tra cui il sottoscritto) una brutta notizia: a Sudafrica 2010 Radio 2 non trasmetterà la storica trasmissione "Rai Dire Mondiali"con la Giallapa's Band. Decisione che ha provocato molte polemiche e che ha colto di sorpresa i tre gialappi. Un vero peccato.
mercoledì, maggio 26, 2010
Udinese 2010/2011: tra Marino, mercato e Guidolin
mercoledì, maggio 26, 2010
Simone Salvador
Come anticipato nel post sul bilancio finale della Serie A 2009/2010 (vedi), mi occupo ora in modo specifico della situazione e delle prospettive per la stagione 2010/2011 dell'Udinese.
Per poter affrontare questa analisi è necessario fare un passo indietro, partendo da quella che è stata la gestione tecnico-societaria degli ultimi 3 anni, vale a dire "il ciclo di Pasquale Marino".
E' davvero difficile stilare un bilancio delle ultime tre annate friulane, vissute tra incredibili alti e bassi, imprese e delusioni. Nel complesso, opinione strettamente personale, la società ha sbagliato nel confermare Marino (conferma sofferta, c'era Del Neri libero) e l'intera rosa al termine della stagione 2008/2009. La serie positiva della primavera 2009 è stata assolutamente illusoria. Non ha portato a nessun risultato concreto e ha finito per far credere a società tifosi di poter puntare a grandi risultati senza modificare nulla. In realtà quella rosa e lo stesso mister Marino avevano palesato lacune e incertezze importanti nelle prime due stagioni (clamoroso il periodo dei 3 punti in 11 partite). Così, come detto più volte, l'ultimo mercato è stato deficitario, con giocatori rimasti dopo essere stati sedotti e abbandonati (D'Agostino), altri non sostituiti (Quagliarella e il lungodegente Ferronetti). L'ultima annata è stata la logica conseguenza di quelle valutazioni erronee. Ricordo molto bene che a maggio 2009 si parlava di un possibile approdo di Del Neri a Udine. Sarebbe stato un grande colpo (il campionato della Samp è lì a dimostrarlo). Molti ineffabili tifosi, però, al termine di Udinese-Atalanta 3-0 con i bergamaschi già ampiamente salvi e senza nessun obiettivo, sostennero che Marino in quella partita aveva dimostrato di essere molto più bravo di Del Neri. Meglio Marino (giudizio basato sulla visione di un'unica partita stagionale dell'avversario: un classico).
A Udine sono passati alcuni allenatori di grande livello (Zaccheroni, Guidolin, Spalletti su tutti). Marino ha dimostrato di non essere all'altezza di questo tris di tecnici, essenzialmente per due motivi:
1- gestione complessiva della rosa, in particolare nell'anno di Coppa Uefa, con giocatori cotti già a novembre. Altri problemi costanti sono la preparazione fisica e gli eccessivi "sbalzi" di condizione fisica della squadra durante l'anno (ci stanno dei cali, tutte le squadre ce li hanno, ma non con gli estremi raggiunti dall'Udinese di Marino).
2- (il più grave) incapacità di dare una valida organizzazione difensiva alla squadra (anche sulle palle inattive). E' incredibile come in tre anni la difesa - anzichè oliare i meccanismi - sia peggiorata. Tra l'altro non sono cambiati gli uomini: ulteriore aggravante. Il valore di alcuni non è eccelso, vero, ma nel complesso il livello dei singoli della Sampdoria quarta in classifica quest'anno (Zauri-Gastaldello-Lucchini-Ziegler) non era certo superiore. Del Neri in una sola stagione ha dato un'organizzazione più che valida alla fase difensiva, Marino in tre anni no, anzi, nell'ultimo anno si sono visti svarioni clamorosi in termini di posizionamento e "letture" delle fasi di gioco.
GUIDOLIN: (nella foto, civetteria) la società non poteva scegliere meglio. Francesco Guidolin è uno dei migliori allenatori italiani, uno dei più preparati, con uno staff di primissimo livello e un curriculum che parla chiaro. Ho sentito già qualche considerazione dal punto di vista tattica, tipo "Guidolin giocherà con questo modulo...". Falso. Il tecnico di Castelfranco Veneto conosce diverse tipologie di assetto tattico. In carriera ha saputo sempre adattare le sue idee agli uomini a disposizione. nessun integralismo, ma molta pragmaticità. Ha giocato con il 4-4-2, con il 3-5-2, il 3-4-2-1 (forse la sua invenzione tattica migliore, utilizzata sia a Bologna che a Palermo) ecc. Non ha un modulo di riferimento. Sulla base della rosa che costruirà assieme ai Pozzo sceglierà lo schema di riferimento. A dimostrazione della sua intelligenza, arrivato a Udine a raccogliere la pesante eredità di Zaccheroni, diede continuità al mitico 3-4-3, ma capì ben presto che vista l'assenza di Bierhoff non era il caso. Meglio un più solido 3-5-2 e la scelta si rivelò azzeccata con la qualificazione in Uefa e Amoroso capocannoniere (ceduto poi al Parma in cambio di una vagonata di soldi e di Stefano Fiore). A fine anno le strade del Guido e dell'Udinese si separarono, un mistero mai risolto. Mister Guidolin ora può tornare nel "suo" Friuli e continuare quel lavoro mai finito. Se la società lavorerà bene sul mercato si preannuncia una stagione ricca di soddisfazioni.
MERCATO: mai come quest'anno il mercato sarà ritardato. Meglio, i movimenti più importanti e quindi decisivi nella costruzione della nuova squadra avverranno solo ed esclusivamente al termine dei Mondiali. L'Udinese ha molti suoi giocatoi impegnati in Sudafrica, alcuni dei quali appettiti da altre squadre. Tuttavia, saggiamente, i Pozzo non cederanno tali pezzi pregiati prima della rassegna iridata. Zamparini quattro anni fa cedette Grosso all'Inter prima del Mondiale tedesco. Al termine del torneo Grosso aveva visto raddoppiare, se non triplicare il proprio valore di mercato. L'Udinese avrà in Sudafrica i vari Handanovic, Lukovic, Inler, Asamoah, Sanchez, Pepe (più Di Natale e Badu). Se, come sembra possibile, alcuni di questi, dovessero disputare un Mondiale importante, a Udine arriverranno molte richieste, alcune davvero notevoli. E' il caso di Sanchez che già vanta numerosi estimatori, ma che in Sudafrica potrebbe far lievitare la propria quotazione.
Perciò tutti i movimenti più significativi in casa Udinese andranno effettuati da luglio in avanti. Per ora la società può muoversi di concerto con Guidolin per valutare e sfoltire una rosa spropositata (considerando i giocatori di proprietà), ma decisamente carente in certi settori. Vediamoli nel dettaglio.
PORTIERE: Handanovic probabilmente se ne andrà. In un panorama europeo piuttosto avaro di numeri uno di livello, il portiere bianconero farebbe al caso di molte squadre. Potrebbe fare un ottimo Mondiale con la Slovenia (ad esempio mettendosi in luce contro l'Inghilterra..gli osservatori della Premier non mancheranno). Al suo posto si fanno molti nomi. Personamente mi piacerebbe Storari, ma Sorrentino sarebbe una valida soluzione. Rubinho, invece, non darebbe grandi garanzie.
DIFENSORI: reparto da ritoccare, non da rifondare. Dal mio punto di vista servirebbe come il pane un difensore d'esperienza. Poi, punterei sulle conferme di Ferronetti, Zapata (trarrà beneficio dalla cura Guidolin), più Coda e Lukovic. Pasquale non lo ritengo all'altezza del posto da titolare, tanto meno in una difesa a 4. A questo punto, mancherebbero un altro terzino destro, un difensore centrale di esperienza e personalità (qualità che latita al Friuli: Zaccardo sarebbe perfetto) e un terzino sinistro. Leggendo la mia lista si nota come, in realtà, non abbia stravolto l'assetto dello scorso anno. Verissimo. Infatti, se presi uno a uno i difensori bianconeri non sono affatto male. Come detto sopra, in questi anni è mancata completamente l'organizzazione della fase difensiva. La cura Guidolin sarà ottima e una rosa ampia e con giocatori dalle caratteristiche diverse permetterà di passare comodamente dalla difesa a 3 alla difesa a 4.
CENTROCAMPO: dipenderà molto dalle intenzioni dl Mister e dal Mondiale. Personalmente cederei Inler e lo stesso D'Agostino (se motivato lo terrei ben stretto, ma ha già dichiarato l'intenzione di voler cambiare aria). Punti fermi per il prossimo anno dovranno essere Asamoah e Isla, con Badu pronto all'uso. Occorrerà trovare un centrocampista di maggior qualità (Cigarini o Guarente non sarebbero male) e un altro di esperienza, magari in grado di inserirsi in zona offensiva. Sammarco, quando tornerà dall'infortunio, potrebbe completare numericamente la rosa.

Cedendo alcuni giocatori importanti, richiesti dal mercato e che probabilmente non hanno più molto da dire in Friuli (Handanovic, Inler D'Agostino, Pepe) e reinvestendo i soldi in modo oculato, l'Udinese 2010-2011 con alla guida un grande tecnico come mister Guidolin potrebbe regalare molte soddisfazioni ai suoi tifosi...
lunedì, maggio 24, 2010
Inter campione d'Europa 2010, considerazioni a freddo
lunedì, maggio 24, 2010
Simone Salvador
PCome promesso ad alcuni lettori interisti, dedico ora un post alla vittoria dell'Inter nella Champions League 2010. Personalmente non userò mai l'aggettivo meritato per descrivere la vittoria di una squadra in un torneo. Non lo usai con l'Italia campione del mondo 2006, nè col Barcellona campione d'Europa 2009. Un torneo, a differenza di un campionato, è troppo basato sugli episodi (di gioco e arbitrali) per eleggere una squadra campione senza polemiche o discussioni. Posso dire sicuramente che lo Scudetto nerazzurro è meritato, visti anche i moltepici impegni. Per la Champions ciò non corretto. Il post sul cammino dell'Inter verso Madrid aveva suscitato le ire di molti interisti. Lo riscriverei riga per riga. Non farò un'analisi della finale (d'altronde se dicessi che sullo 0-0 c'era un evidente rigore per il Bayern o se dicessi che le attenzioni dedicate a Robben da Samuel, Chivu e Sneijder sono state "un po' antipatiche", per dirla alla Moratti, passerei per un inguaribile anti-interista, non per uno che dice quello che vede; detto ciò, nell'analisi pre-match avevo parlato dell'asse Sneijder-Milito arma letale contro Van Buyten-Demichelis, ma questo conta poco se osi muovere qualche critica...). D'altronde, per i tifosi nerazzurri leggere qualcosa di difforme dalla verità ufficiale, cioè dai resoconti trionfalistici della Gazzetta (gruppo Rcs che gestisce le sponsorizzazioni dell'Inter) "non è molto simpatico", per usare un'altra espressione tanto cara al presidente Moratti. Non ho motivo di cambiare idea sul percorso nerazzurro fino al trionfo del Bernabeu. Una squadra forte, iper-organizzata, cresciuta in modo evidente nel corso del torneo, baciata in fronte dalla Dea Bendata (leggi decisioni arbitrali) durante tutta l'edizione di Champions. Il classico mix abilità-fortuna, indispensabile per vincere un torneo come la Champions.

1- Mourinho maestro di organizzazione, media monotematici: sinceramente si è raggiunto un livello insopportabile di spazio dedicato al tecnico portoghese. Addirittura alla vigilia del match contro il Bayern si è parlato più di lui che della partita. Si è discusso più sul suo futuro al Real Madrid che sugli scenari sportivi ed economici che avrebbe aperto la vittoria in Champions. Penso sia la dimostrazione di come i media sportivi non riescano a parlare di calcio e annessi senza creare dei tormentoni. Detto questo, mi limito a parlare dei due aspetti Mourinhani, quello tecnico e quello relativo alla comunicazione. Aspetti che erano già ampiamente noti durante l'esperienza al Chelsea, ma che come sempre i media e di conseguenza i tifosi italiani hanno imparato a conoscere solo dal momento in cui è sbarcato in Italia.
Dal punto di vista comunicativo penso che Mourinho abbia confermato la sua abilità dialettica, paradossalmente anche durante i silenzio-stampa. La stampa italiana - sin dall luglio 2008 - pendeva dalle sue labbra e ha potuto sparare centinaia di titoloni e riempire centinaia di articoli. Tuttavia il modo di comunicare del tecnico portoghese porta con sè come tensioni, veleni, scontri verbali ecc. Ha reso il clima del calcio italiano ancora più esasperato di quanto non lo fosse prima del suo arrivo. Insomma, Mourinho ha contribuito ad alzare ulteriormente i toni e da questo punto di vista il suo addio direzione Madrid non può far altro che bene ai rapporti nel nostro calcio. Oddio, non che preferisca le solite frasi fatte di giocatori e dirigenti, ma un conto è dire ciò che si pensa, altra cosa è la provocazione scientifica e continuata.
Dal punto di vista tecnico-tattico ho sempre considerato Mourinho uno degli allenatori migliori in Europa, probabilmente il migliore nella preparazione delle partite sin nei minimi dettagli. La sua grande abilità è quella di organizzare in modo straordinario la difesa, meglio, la fase difensiva. Le sue squadre, spesso, sembrano impenetrabili. Un maestro. La sua Inter, al di là dei giudizi superificiali sentiti in continuazione, non è stata affatto una squadra offensiva. Schierare Eto'o-Sneijder-Pandev più Milito non significa giocare all'attacco come molti hanno detto. Conta l'atteggiamento in campo e l'Inter ha dimostrato durante tutto il torneo di essere prevalentemente una squadra da difesa e contropiede (lo si è visto perfettamente anche in finale). Non certo una squadra che impone il proprio gioco. Tattica legittima e soprattutto vincente, ma sentir parlare di Inter iper-offensiva penso sia proprio fuori luogo. Detto questo, ed è un giudizio assolutamente personale, senza la minima pretesa di essere condiviso o commentato, la mia idea di calcio è totalmente differente (magari anche più perdente). Preferisco di gran lunga le squadre che giocano un calcio più aperto, tecnico, meno difensivo. Un calcio in cui si cerca di vincere attraverso un gioco offensivo corale e tecnicamente apprezzabile. Quello dell'Inter di Mourinho è un calcio che cerca di vincere, cerca il risultato attraverso l'anestetizzazione del gioco altrui. Un calcio di rottura, non propositivo. Ripeto, ha vinto e ha ragione lui, onore a Mou e onore all'Inter, ma non riuscirò mai ad apprezzare pienamente questa tipologia di gioco.
2- La stagione di Eto'o: "Un giocatore straordinario, che ha saputo mettersi a disposizione della squadra, sacrificandosi in difesa, sulla fascia destra. Voto alla stagione : 8.5 (cit. Gazzetta)". Figurarsi. Anche secondo me Eto'o è stato generoso e umile nell'adattarsi a fare quel ruolo (peraltro ricoperto in alcune partite anche nel Barca di Rijkaard, ad esempio al ritorno contro il Milan nel 2006, ma questo ovviamente i giornali italiani non se lo ricordano). Contributo apprezzabile, stop. Il camerunense - peraltro alla sua seconda tripletta consecutiva - ha dimostrato di essere entrato nella fase crepuscolare della sua carriera. Non è affatto vero che Eto' sia stato decisivo in questa Champions League. Ha dato una mano alla squadra ed è stato utile tatticamente, ma nelle 13 partite disputate dall'Inter in Champions ha realizzato 2 soli gol (contro il Rubin Kazan e contro il Chelsea a Londra, dopo averne sbagliati altri due molto semplici). Per fare un esempio che in questi giorni striderà un po', il vecchio Ibrahimovic in questa Champions di reti ne ha realizzate 4 di cui 3 assolutamente determinanti agli ottavi e ai quarti.
A questo aggiungo che il buon Pandev ha segnato il suo ultimo gol in stagione a febbraio e che la sua unica azione degna di nota nella seconda parte dell'anno è stata quella nel gol del 2-1 contro il Barcellona a San Siro. Quindi? Dove voglio arrivare? Semplice, voglio dire che i due giocatori assolutamente determinanti e decisivi - offensivamente parlando - per l'Inter sono stati Sneijder e Milito. La loro intesa è stata l'arma principale dei nerazzurri. Eto'o e Pandev si sono sacrificati, ma non hanno dato un contributo in termini di segnature. Soprattutto Et'o che chiude la stagione con 14 gol complessivi segnati tra campionato e Champions. Non certo lo score che tutti si aspettavano ad inizio anno.
3- Milito Pallone d'oro: come ci si poteva aspettare, due minuti dopo il fischio finale di Webb è partito il nuovo tormentone dei media italiani: Milito Pallone d'oro. Detto che come accade sempre il Pallone d'oro diventa importante e ambito solamente quando può vincerlo un giocatore di una squadra italiana (allo stesso modo diventerà stratosferica l'importanza del prossimo Mondiale per Club essendoci un'italiana, mentre negli anni di magra la competizione è clamorosamente snobbata, anzi ne viene criticata la nuova formula e la relativa importanza: vedi post a riguardo dello scorso dicembre), mentre nelle altre edizioni si critica solamente, dico solamente due cose, ribadendo concetti vecchi ma che faticano a passare:
a) negli anni in cui si disputa un Mondiale o un Europeo il Pallone d'Oro viene assegnato quasi automaticamente al giocatore migliore della relativa competizione. La Champions e i campionati hanno un valore inferiore rispetto agli anni dispari. Certo se Milito fosse decisivo anche al Mondiale diventerebbe il candidato principale, ma è evidente che ad ora non si possa parlare di Pallone d'Oro per Tizio o Caio.
b) torno a dire che considero il Pallone d'Oro una forzatura, qualcosa di tecnicamente assai discutibile nel senso che è impossibile poter dire chi è il giocatore migliore in uno sport di squadra che prevede ruoli ben distinti e marcatamente diversi. Semplicemente per l'imparagonabilità tra giocatori (è più forte Milito o Messi, Drogba o Piquè, Gerrard o Buffon? impossibile dirlo).
Detto ciò Milito è stato assolutamente fantastico durante tutta la stagione e ha dimostrato di essere uno tra i migliori attaccanti in circolazione. Unisce la fisicità da prima punta ad una ottima tecnica individuale e un innato fiuto del gol. Fenomeno. Il Pallone d'Oro, però, si assegnerà sulla base di Sudafrica 2010, pertanto è inutile proporre campagne stampa totalmente fuori luogo e tempo.
Ps, contento per aver azzeccato in pieno il pronostico della finale (vedi fine post di venerdì scorso). Non avevo dubbi.
Giro d'Italia 2010 - Zoncolan: uno spettacolo firmato Basso
lunedì, maggio 24, 2010
Simone Salvador
E' iniziato il Giro d'Italia 2010. Finalmente. Dopo due settimane all'insegna della confusione tattica, di tappe non certo esaltanti (Montalcino a parte), dello scempio della frazione dell'Aquila con una classifica generale fasulla, la Mestre-Zoncolan non ha tradito le attese e ha aperto un'ultima settimana di corsa che si preannuncia memorabile.

La cornice, quindi, era magnifica, a quel punto mancava l'opera d'arte. E come ci si poteva aspettare gli atleti non hanno tradito le attese. Ivan Basso è rinato dopo quattro anni senza vittorie, con molte persone che pensavano non potesse più tornare ai grandi livelli del 2006 a seguito della squalifica di due anni. Invece Basso ieri ha dimostrato una condizione di forma strepitosa, staccando tutti quanti e arrivando solitario in cima allo Zoncolan. Hanno provato a resistergli prima Scarponi, poi il campione del mondo Evans, ma non c'è stato niente da fare. Basso, senza alzarsi mai sui pedali - come da suo stile -, ha impresso delle cadenze impossibili per gli altri e ha riaperto completamente il Giro 2010. Da segnalare che , comunque, a dimostrazione della durezza complessiva della tappa, Basso ha impiegato circa 1'30" in più nello scalare lo Zoncolan rispetto a Gibo Simoni 2007 (ieri il campione di Palù di Giovo, vincitore nelle altre due scalate dello Zoncolan, ha salutato il "suo" pubblico). La cosa più incredibile di ieri è stata vedere arrivare gli atleti uno alla volta, dando tutto sino alla linea d'arrivo, superata la quale non avevano più le forze per dare altre pedalate.

Oggi giorno di riposo, domani un altro spettacolo imperdibile: la cronoscalata di Plan de Corones. Difficile fare pronostici (due anni fa si impose Pellizotti), ma viste le pendenze e la superificie, potrebbe essere la giornata di Cadel Evans (ex biker). Tuttavia, considerato lo stato di forma di Basso, non penso ci saranno dei distacchi molto significativi tra i due.
sabato, maggio 22, 2010
Diamond League - Shangai: Usain Bolt debutta nei 200 metri di Vittorio Virgili
sabato, maggio 22, 2010
Simone Salvador
Domani a Shangai, in Cina, andrà in scena la seconda tappa della Diamond League, circuito internazionale di manifestazioni di atletica leggera organizzato dalla Iaaf.
C’è grande attesa per il debutto nel circuito del pluriprimatista mondiale Usain Bolt, reduce dallo strabiliante 19”56 nei 200 metri al Jamaica Invitational di Kingston di 20 giorni fa. Sarà in gara nei 200 metri e vedremo se avrà voglia di attaccare o di avvicinarsi al suo record del mondo di 19”19 stabilito a Berlino la scorsa estate. Nello scorso Meeting di Shangai ci furono due grandissimi risultati con il 9”69 di Tyson Gay nei 100 metri e il 10”64 sempre nei 100 metri di Carmelita Jeter, entrambe le prestazioni posizionatesi al secondo posto all-time.
Procediamo quindi, con l’analisi delle gare:
100 metri femminili: Grande sfida tra Carmelita Jeter e la campionessa olimpica, la giamaicana Shelly-Ann Fraser. Si preannunciano fuochi d’artificio.
200 metri maschili: Pronostico scontato con la vittoria annunciata di Usain Bolt. Vedremo quale sarà il tempo finale.
400 metri maschili: Lotta sul filo dei centesimi annunciata tra l’ex campione olimpico e argento di pechino Wariner e il bronzo olimpico Neville. Assente il campione olimpico Merritt, squalificato per doping.
400hs femminili: Grande start list con tutte le più forti del mondo. Ci sarà infatti la campionessa olimpica e mondiale in carica, la giamaicana Melissa Walker, la vice campione mondiale di Berlino Lashinda Demus, la vice campionessa olimpica Sheena Tosta, la quarta e la quinta di Pechino, Rabchenyuk e Jensen.
800 femminili: Anche qui grande gara con la ex campionessa mondiale Janet Jepkosgei ( si allena in Italia), la campionessa olimpica Pamela Jelimo e il bronzo mondiale, nonché argento a Doha indoor, l’inglese Jennifer Meadows.
1500 maschili: entriamo nel regno dell’Africa con lo scontro Etiopia- Kenia tra il campione mondiale dei 1500, l’etiope Mekkonen, e il campione olimpico, il keniano Asbel Kiprop, reduce dal provante secondo posto nei 5000 a Doha la settimana scorsa.
5000 femminili: Etiopia contro Kenia anche qui con la campionessa mondiale dei 10000 metri e argento sul filo di lana ai mondiali di cross, la keniana Linet Masai e la vice campionessa mondiale dei 10000, l’etiope Meselech Melkamu.
110hs: Forse la gara più attesa di tutto il meeting, con la partecipazione dell’idolo di casa Liu Xiang, campione olimpico di Atene. Liu dopo un 2008 e 2009 molto difficili è tornato alle vere gare a Doha, finendo settimo in finale ma raggiante per aver finalmente superato i problemi fisici. Contro di lui ci saranno Daniel Oliver, capolista stagionale con 13”11 e la leggenda Allen Johnson.
Salto in lungo maschile: Fa il suo esordio stagionale il campione mondiale Dwight Phillips, grande assente ai mondiali indoor di Doha, che se la vedrà con il campione olimpico Irvin Saladino e il campione mondiale indoor Fabrice Lapierre.
Salto con l’asta maschile: Dopo un ottima stagione indoor e un altrettanto buona stagione outdoor in Australia ( le stagioni sono invertite rispetto all’europa) fa il suo esordio nell’emisfero nord Steven Hooker, campione mondiale e olimpico in carica. Più volte sopra i 6 metri negli ultimi due anni vediamo dove saprà arrivare.
Salto triplo femminile: Unica big presente in gara la campionessa mondiale , la cubana Savigne. Attesa una prestazione intorno ai 15 metri. Attesa anche per la dubbia Kazaka Rypakova che ha battuto la Savigne ai mondiali indoor a Doha, migliorandosi di ben 50 cm rispetto al suo personale indoor quel giorno.
Lancio del peso femminile: Eterna sfida degli ultimi anni con la campionessa mondiale e olimpica, laltissima neozelandese Valeri Vili e la campionessa mondiale indoor, la bielorussa Opstachuk.
Lancio del disco maschile: Vedremo se il campione olimpico e bronzo di Berlino, l’estone Kanter confermerà il suo grande stato di forma dopo aver lanciato sopra i 70 metri in inverno. Contro di lui il campione mondiale, il tedesco Harting e l’argento di berlino, il polacco Malachowski. Presente , dunque tutto il podio dei recenti Mondiali.
Lancio del giavellotto maschile: Gara non prevista nel circuito della Golden League, ma extra, che prevede la partecipazione del campione olimpico, il bel norvegese Andreas Thordilsen.
Vittorio Virgili
Vittorio Virgili
venerdì, maggio 21, 2010
Champions League 2010 - Bayern-Inter: presentazione Bayern Monaco (in esclusiva per Stone Island Football Blog)
venerdì, maggio 21, 2010
Simone Salvador

Mi aspetto una Finale incerta, ma abbastanza aperta dal punto di vista tattico. Specialmente per l'atteggiamento che proporrà Van Gaal che, come ha fatto giustamente notare Robben, cerca di arrivare alla vittoria attraverso un gioco corale, fatto di possesso palla, ampiezza, profongità e giocatori capaci di interpretare entrambe le fasi. Non avendo una difesa così affidabile sarebbe un clamoroso errore puntare su un gioco di attesa. L'Inter probabilmente schiererà la stessa formazione che ha espugnato Stamford Bridge (miglior partita stagionale di nerazzurri), con l'unica variazione di Zanetti avanzato a centrocampo al posto dello squalificato Motta. Possibile anche che Mourinho schieri Stankovic nel ruolo di centrocampista sinistro, in modo tale da avere raddoppi costanti su Arjen Robben. Se giocasse Pandev (o Balotelli) Chivu si troverebbe spesso solo contro il fuoriclasse olandese e Samuel sarebbe costretto agli staordinari. L'assenza nel Bayern di un attaccante centrale-punto di riferimento può creare qualche problema all'ottima coppia Lucio-Samuel, fortissima nel gioco fisico, meno in quello tattico (specie Lucio). Nell'Inter come sempre sarà fondamentale l'asse Sneijder-Milito con quest'ultimo capace di creare diversi problemi alla coppia Van Buyten-De Michelis. Punti deboli del Bayern il portiere Butt e il terzino sinistro Badstuber. L'assenza di Ribery è pesante dal punto di vista della qualità e dell'inventiva, ma Altintop garantisce dinamismo e copertura contro Maicon. Come sempre fondamentale il duo Van Bommel-Schweinsteiger, asse portante dei Campioni di Germania.
Ovviamente, al di là della parte tattica (Mourinho e Van Gaal sono al top in tal senso), come in tutte le Finali saranno fondamentali due componenti: gli episodi e la condizione fisica. L'Inter ha mantenuto un livello pressochè costante di forma durante la stagione. Il Bayern arriva a questa Finale in ottime condizioni (sabato scorso nella finale di Coppa di Germania contro il Werder, i bavaresi hanno dimostrato una forma fisica invidiabile, Robben su tutti).
Il mio unico pronostico riguarda il (certissimo) fallo che subirà Robben al primo pallone giocato, un classico.
giovedì, maggio 20, 2010
Juventus 2010/2011- Agnelli, Marotta, Del Neri: la strada è quella giusta
giovedì, maggio 20, 2010
Simone Salvador

In questo post cercherò di spiegare perchè condivido tali scelte, entrando nel merito specialmente sulla parte tecnica. Premessa fondamentale è che difficilmente penso la Juventus potrà tornare a competere immediatamente per lo Scudetto. E' una cosa che che la stragrande maggioranza dei tifosi italiani non concepisce nemmeno, ma per quanto mi riguarda è bene lasciar lavorare per almeno un biennio (meglio triennio) questa nuova struttura. La prossima stagione sarà una specie di anno zero. Un nuovo assetto da cui ripartire e pazienza se non arriveranno subito gli ossessionanti titoli che condizionano sempre il giudizio di media e tifosi. Dopo il disastro della stagione 2009/2010 occorre ripartire praticamente da zero. Unici due obiettivi: costruire le basi per una squadra valida, che possa diventare competitiva ai massimi livelli nel giro di 2/3 anni e ottenere un piazzamento tra le prime quattro. Sarebbero già due ottimi risultati.
ANDREA AGNELLI - PRESIDENTE: una scelta azzeccata. Un presidente tifoso, ma competente. Un manager con ottimi studi, che ha potuto seguire dal di dentro la Juventus più forte degli ultimi anni, quella di Fabio Capello. Una mossa che riporta la famiglia Agnelli ai vertici del club e che piacerà molto ai tifosi (anche se da questo punto di vista penso che i tifosi non dovrebbero minimamente interferire nelle scelte e nell'attività di un club e lo spiegherò nella parte riservata all'allenatore). Il ruolo di presidente nella Juventus si compone di due incarichi fondamentali: comunicazione e coordinamento delle varie aree del club. Andrea Agnelli ha tutte le carte in regola per gestire al meglio le due cose.
JEAN CLAUDE BLANC - AMMINISTRATORE DELEGATO: nei comunicati di questi giorni la società si è premurata di sottolineare più volte la conferma di Jean Claude Blanc. Non si sa ancora se il nuovo ruolo attribuitogli gli vada troppo stretto e decida di prendere altre strade. Dopo aver sommato tre incarichi in uno, si tratta senza dubbio di un passo indietro notevole. Tuttavia Blanc, al di là delle ire funeste dei tifosi che lo vorrebbero lontano da Torino immediatamente, ha dimostrato due cose: grandissima abilità e capacità nellla gestione economico-amministrativa del club e assoluta inadeguatezza nella gestione della parte tecnico-sportiva. Sul secondo punto non occorre che scriva molto, è fin troppo palese. Dal primo punto di vista, invece, Blanc ha saputo tenere in piedi i bilanci bianconeri nonostante l'anno di B, l'anno di A senza Coppe europee e la precoce eliminazione in Champions di quest'anno. Certo, lo hanno aiutato anche i fondi dell'Ifil, ma al di là di questo aspetto, i cattivi risultati di questa stagione hanno fatto dimenticare troppo in fretta una cosa: esattamente tra un anno la Juventus inaugurerà il primo stadio italiano di proprietà. Il "Nuovo delle Alpi" sarà un gioiello (vedi), un punto di riferimento per tutto il calcio italiano. Dal punto di vista patrimoniale, poi, rappresenterà un modello di business alla pari dei famosi stadi inglesi. Permetterà quindi di rinforzare ulteriormente le finanze della società, consentendo negli anni avvenire importanti investimenti sul mercato.
BEPPE MAROTTA - DIRETTORE GENERALE: se ne parlò già gli anni scorsi ma non se ne fece più niente. Con almeno un anno di ritardo Beppe Marotta sposa la causa Juventus e il matrimonio promette molto bene. Marotta è uno dei dirigenti sportivi più illuminati del calcio italiano. Ha esperienza, conoscenza profonda del mercato, del calcio italiano (anche delle serie minori) e internazionale. Garrone non è certo il presidente più munifico della Serie A, nonostante ciò Marotta ha ottenuto grandi risultati sia con la prima squadra che col settore giovanile blucerchiato. Ha portato a termine operazioni assai complicate per un club come la Samp (Cassano e Pazzini), ha saputo costruire nell'ultimo anno la rosa ideale per il calcio di Del Neri, acquistando i giocatori più adatti al sistema di gioco del tecnico friulano.
A Marotta - come si legge nel comunicato - "risponderà tutta la struttura sportiva e medica della società". In pratica dovrà gestire tutta l'area tecnica e medica, i due settori che meno hanno funzionato nell'ultimo anno. Penso che la società non potesse scegliere persona migliore in questo ruolo. Marotta rappresenta un grande colpo di mercato, il primo per la nuova Juventus.
DEL NERI E IL SUO STAFF: premessa fondamentale è che Del Neri si scrive staccato. Entrando nel merito della scelta, va subito detto che purtroppo in Italia si dà troppo peso al discorso allenatore. Certo, è una figura importante, in certi momenti decisiva, ma è solo una parte dell'ingranaggio. Dirigenti preparati e giocatori validi e funzionali al progetto di squadra sono ancora più importanti, ma spesso ce lo si dimentica. In questi giorni si rincorrono sondaggi e televoti sul gradimento dei tifosi juventini per Del Neri. Sciocchezze. I tifosi della Juventus, al pari di molti altri, sono legati più al nome (o al curriculum bianconero) che alla sostanza. Se andassimo un anno indietro e chiedessimo ai tifosi, sulla panchina della Juve preferireste Ferrara o Del Neri? Vincerebbe Ciro col 95%. Meglio un ex uomo bianconero con zero esperienza che un tecnico senza passato juventino. Ora, dopo la desolante esperienza Ferrara prevale invece la linea del grande nome. Benitez, Capello ecc. Personalmente auspicavo a gennaio l'arrivo di Guus Hiddink. Era libero sul mercato e un allenatore come lui avrebbe fatto molto comodo. Non essendoci più quella possibilità, penso sia giusto puntare su un allenatore italiano di comprovata capacità che in un ambiente come Torino - dove si può lavorare comunque serenamente - potrà finalmente dimostrare di poter allenare un top team. Se fosse sempre prevalso il discorso del "sulla panchina della Juve vogliamo solo allenatori che vanno per la maggiore ecc.", Marcello Lippi non avrebbe mai allenato la squadra bianconera (veniva dal Napoli, squadra allora di medio livello).
Oltre a questo ci sono altri due motivi per cui la scelta di Del Neri è validissima:
1- la preparazione atletica curata da De Bellis ha portato la Sampdoria 2009/2010 ad avere un solo infortunato per motivi muscolari (Accardi) durante tutta la stagione. Considerando il record di infortuni muscolari stabiliti dalla Juventus della passata stagione, ciò rappresenta una garanzia di buon lavoro.
2- un notevole risparmio sull'ingaggio (Benitez e il suo ampio staff avrebbe pesato in modo ingente sulle casse bianconere) che non significa affatto avere un allenatore di capacità inferiore, anzi (Benitez in 7 anni al Liverpool non è stato in grado di vincere un campionato e l'esperienza del campionato italiano di Del Neri è ovviamente superiore). I soldi risparmiati possono essere reinvestiti sul mercato. Oltre a ciò Benitez si sarebbe portato dietro anche uno staff per il mercato e ciò avrebbe limitato i poteri di Marotta. Sarebbe stata una convivenza improbabile e difficoltosa.
MERCATO JUVENTUS: non mi dilungo troppo su liste di giocatori in entrata e uscita o su ipotesi da fantamercato. Marotta, Paratici e Del Neri sanno bene quello che devono fare e valuteranno quali potranno essere i giocatori più funzionali al classico 4-4-2 delneriano. Personalmente penso che ci siano diversi giocatori della rosa attuale che Del Neri rilancerà, nonostante molti li diano per bolliti. Del Neri infatti fa dell'organizzazione di gioco il suo punto forte e la

Ribadendo il concetto inizale: nessuna fretta nel voler ottenere risultati immediati a tutti i costi. Ciò può sembrare una bestemmia, un insulto alla meravigliosa storia bianconera. In realtà, pragmaticamente, dopo l'ultima stagione occorre ricostruire per gradi, un passo alla volta. Tutto quello che arriverà in più sarà positivo, i riferimenti al passato glorioso , però, andranno messi da parte, almeno inzialmente. Nessuna pressione e niente polemiche alla prima sconfitta estiva; i tifosi avranno un ruolo importante in tal senso. Il mercato di quest'anno servirà a porre le basi per la Juventus del futuro, quella che per intenderci giocherà nel nuovo Delle Alpi.